MAROCCO NEWS

Discorso reale in occasione del 63° anniversario della rivoluzione del Re e del Popolo

26 agosto 2016

Traduzione non ufficiale

“Lode a Dio, Preghiera e salvezza sul Profeta, sulla sua famiglia e i suoi compagni.

Caro popolo,

Celebrare gli eventi storici non consiste solo nell’evocare i ricordi, ma anche nel riflettere sui valori e sui principi che hanno ispirato nelle generazioni precedenti la volontà di costruire il presente e guardare al futuro con fiducia.

La commemorazione della gloriosa Rivoluzione del Re e del Popolo non fa eccezione a questa regola, tanto più che si tratta di una rivoluzione rinnovata il cui testimone viene passato di generazione in generazione.

Come è foriera di significati nazionali immutabili che riguardano l’attaccamento dei Marocchini al loro Re e al sacrificio affrontato per la libertà e l’indipendenza della loro Patria, così essa è altrettanto carica di significati che illuminano la collocazione del Marocco nel suo contesto: magrebino ed africano.

Questa tappa storica era segnata dal coordinamento e dalla solidarietà tra i Capi della Resistenza marocchina e il Fronte di liberazione nazionale algerino.

Infatti si è deciso di fare del secondo anniversario della rivoluzione del 20 agosto, l’occasione per estendere la rivoluzione a tutti i paesi del Maghreb; il che ha dato luogo a sollevazioni popolari in diverse regioni del Marocco e dell’Algeria.

Inoltre, la Resistenza marocchina ha fornito sostegno materiale e morale alla Rivoluzione algerina, esposta a una violenta campagna avviata contro di lei dalle forze coloniali intenzionate ad annientarla ancor prima del compimento del suo primo anniversario.

Questa sollevazione e questa solidarietà hanno contribuito a ridare vita alla Rivoluzione algerina.

Tanto e talmente bene che, alla fine, i due Paesi hanno svolto un ruolo fondamentale nella liberazione e nell’indipendenza dell’intero continente africano.

Oggi, viste le circostanze che i popoli arabi e la regione del Maghreb attraversano, abbiamo bisogno più che mai di questo spirito di solidarietà per poter raccogliere le sfide comuni in materia di sviluppo e di sicurezza.

Aspiriamo, dunque, a rinnovare questo impegno e questa sincera solidarietà che unisce da sempre i popoli algerino e marocchino, allo scopo di continuare a operare insieme, con sincerità e buona fede, per servire le cause magrebine e arabe e per affrontare le sfide del continente africano.

Caro popolo,

I problemi che affliggono i Paesi africani attualmente – in particolare: il sottosviluppo, la povertà, l’emigrazione, le guerre e i conflitti; oltre alla tentazione, come ultima spiaggia, di gettarsi tra le braccia di gruppi estremisti e terroristici – sono altrettanti mali generati dalla politica disastrosa che il colonialismo ha condotto per decenni.

Questo ha saccheggiato le ricchezze del continente, ipotecato il potenziale e il futuro dei suoi cittadini, ostacolato la sua marcia verso lo sviluppo e gettato i semi della discordia tra i suoi Stati.

Ma nonostante i grandi danni che il colonialismo ha causato, siamo convinti che l’Africa sia in grado di garantire il proprio sviluppo e di cambiare essa stessa il proprio destino, grazie alla forte determinazione dei suoi popoli, al loro potenziale umano e alle loro risorse naturali.

Infatti, la Nostra decisione per quanto riguarda la reintegrazione da parte del Marocco del suo posto naturale all’interno della sua famiglia istituzionale continentale, non è altro che l’illustrazione di questo impegno nell’andare avanti per far prevalere le Cause che sono quelle dei suoi popoli.

Perché l’Africa, per il Marocco, conte più dell’appartenenza geografica e dei legami storici. Essa evoca, in realtà, sentimenti sinceri di affetto e di considerazione, legami umani e spirituali profondi e relazioni di cooperazione proficua e di solidarietà concreta. Essa è, dopo tutto, l’estensione naturale e la profondità strategica del Marocco.

Questo legame pluridimensionale fa sì che il Marocco sia nel cuore dell’Africa, e riservi all’Africa un posto nel cuore dei Marocchini. Ed è per questo che l’abbiamo posta al centro della politica estera del nostro Paese.

Siamo convinti che l’interesse del Marocco sia anche l’interesse dell’Africa e che il suo divenire non possa essere concepito senza di lei. Pensiamo che il progresso e la stabilità o sono condivisi o non sono affatto.

Il Marocco dà sempre ai popoli del suo continente, senza aspettare di ricevere una contropartita. Il suo impegno per le Cause e le preoccupazioni dell’Africa non è mai stato motivato da un desiderio di sfruttamento delle sue ricchezze e delle risorse naturali, a differenza di ciò che si intende con il termine “neocolonialismo”.

Se è naturale che il Marocco tragga vantaggio dalla cooperazione con i suoi fratelli africani, esso considera sempre indispensabile che tale processo sia reciproco.

Noi non consideriamo l’Africa come un mercato per vendere e smerciare i prodotti marocchini, o un contesto adatto a ottenere rapidi profitti; ma come uno spazio d’azione comune per lo sviluppo della regione, a servizio del cittadino africano.

È in questo contesto che il Marocco, a fianco degli Stati africani, concorre alla realizzazione di progetti di sviluppo umano e prestazioni sociali d’impatto diretto sulla vita delle popolazioni della regione.

Così il Marocco non si limita a esportare i medicinali, ma vuole costruire dei laboratori farmaceutici ed edificare istituti e centri sanitari.

Inoltre realizza infrastrutture e centri di formazione professionale e tecnica, così come dei progetti che generano occupazione e reddito stabile, come i villaggi di pescatori. Supporta inoltre i piccoli agricoltori e promuove la conservazione degli ecosistemi.

La prova migliore è la realizzazione del progetto di protezione e di valorizzazione della Baia di Cocody ad Abidjan, come parte di un modello originale di cooperazione tra le imprese pubbliche coinvolte, in Marocco e Costa d’Avorio, con l’adesione attiva del settore privato in entrambi i Paesi.

Questa visione solidale integrata che disciplina le relazioni del Marocco con i suoi fratelli in Africa richiede a tutti gli attori a cui abbiamo aperto la possibilità di inserirsi in questo percorso che si assumano le loro responsabilità e che onorino i loro impegni per mantenere intatta la credibilità del Marocco.

L’Africa, per noi, non è un obiettivo; è piuttosto una vocazione al servizio del cittadino africano, ovunque si trovi.

L’interesse che abbiamo per il miglioramento delle condizioni di vita nel nostro Paese, è rivolto ugualmente ai migranti africani in Marocco, contrariamente a quanto essi sopportano in molte regioni del mondo.

Caro popolo,

Il Marocco è tra i primi Paesi del Sud ad aver adottato una politica solidale autentica per accogliere i migranti sub-sahariani, secondo un approccio umano integrato, che protegge i loro diritti e preserva la loro dignità.

Per attuare questa politica, il nostro Paese, senza condiscendenza né arroganza né denigrazione né discriminazione, ha proceduto alla regolarizzazione dei migranti, conformemente a criteri ragionevoli ed equi, creando per loro le condizioni appropriate per stabilirsi, lavorare e vivere con dignità nella società.

Questo non ha niente di sorprendente se si considera l’accoglienza riservata dai Marocchini ai loro ospiti.

In effetti, le qualità dell’ospitalità, della gentilezza e della cordialità, sono radicate nella nostra cultura e nelle nostre tradizioni secolari.

Naturalmente, i nostri fratelli africani incontrano qualche difficoltà in Marocco, ma non sono legate al colore della loro pelle, né alla nazionalità, né allo status di migranti.

Peraltro essi godono degli stessi diritti.

Notiamo con grande considerazione e soddisfazione quel che rende questi immigrati particolari: una buona morale e una buona condotta verso gli altri, il desiderio di lavorare, il rispetto della legge, dei valori e delle costanti sacre dei Marocchini.

Tengo a ribadire che noi non facciamo altro che adempiere al nostro dovere nei confronti di questa categoria, considerato che si tratta di persone che hanno rischiato la vita ed abbandonato le loro famiglie e il loro Paese a causa di condizioni d’insicurezza.

Questa politica umanitaria ha reso possibile al nostro Paese copresiedere, insieme alla Germania, il Forum mondiale per la migrazione e lo sviluppo nel 2017 e 2018.

Il Marocco ha respinto, per diverso tempo, i metodi utilizzati da alcuni per il trattamento delle questioni legate alla migrazione; metodi che, d’altra parte, si sono rivelati inefficaci. In compenso, esso è orgoglioso dell’azione che conduce nel settore dell’accoglienza e dell’integrazione degli immigrati. E non metterà in discussione questo approccio pratico e umanitario.

Quanto a coloro che lo criticano, questi farebbero meglio, prima di attaccar briga, a offrire agli immigrati anche solo una minima parte di ciò che abbiamo realizzato in questo settore.

Ci rammarichiamo delle derive che hanno segnato la gestione delle questioni relative alla migrazione nello spazio mediterraneo, trascurando tutta la politica reale di inserimento degli immigrati.

Ciò che viene loro offerto, al massimo, sono opportunità di lavoro soggette a condizioni redibitorie, difficili da rispettare per molti di loro.

Caro popolo,

Tutto il mondo parla della questione migratoria e delle tragedie umane subite dagli immigrati.

Questa situazione continua a peggiorare a causa della diffusione del fenomeno dell’estremismo e del terrorismo e del tentativo di ricollegarlo, a torto o a ragione, agli immigrati, soprattutto in Europa.

In questo contesto, incoraggio i Marocchini residenti all’estero a restare attaccati ai valori della loro religione e alle loro tradizioni secolari dinnanzi a tale fenomeno che è estraneo a loro.

Li esorto anche a preservare la buona reputazione per cui sono noti, ad armarsi di pazienza dinnanzi a questa difficile congiuntura, a unirsi e a essere sempre in prima linea tra i difensori della pace, della concordia e del vivere-insieme nei loro rispettivi Paesi di residenza.

Valutiamo le difficoltà che incontrano a causa della perversione dell’immagine dell’Islam e degli attentati terroristici che sono costati la vita a molti di loro.

Inoltre subiscono in pieno le reazioni di alcuni e le accuse da questi mosse in ragione della  loro confessione.

Naturalmente, condanniamo con forza l’uccisione di innocenti e siamo convinti che l’omicidio di un prete è un atto illecito secondo la legge divina, e che la sua uccisione all’interno di una chiesa è una follia imperdonabile. Perché è un essere umano e un uomo di religione, anche se non è un musulmano.

Inoltre, l’Islam ha raccomandato di trattare bene l’ “Ahl al-Kitab” (“Gente del Libro”), come dimostrano i seguenti versetti: “Noi non facciamo distinzione tra i Suoi Messaggeri” e “L’uomo buono è quello che crede in Dio, nell’Ultimo Giorno, negli angeli e nei profeti”.

I terroristi che agiscono in nome dell’Islam non sono musulmani e non hanno alcun legame con l’Islam se non l’alibi di cui si avvalgono per giustificare i loro crimini e la loro pazzia.

Si tratta di individui smarriti condannati all’inferno per sempre.

L’ignoranza li incoraggia a credere che le loro azioni rientrino nel Jihad. Ma da quando in qua il Jihad prevede di uccidere persone innocenti? L’Altissimo ha detto: “Non siate trasgressori; Dio non ama i trasgressori”.

È concepibile che Dio, il Compassionevole, il Misericordioso, possa ordinare a un individuo di farsi esplodere o di uccidere degli innocenti? Eppure l’Islam, come è ben noto, non autorizza alcuna forma di suicidio, per nessun motivo, come evidenziato nel versetto che recita: “Chi ha ucciso un uomo che non ha ucciso, o che non ha commesso violenza sulla terra, è considerato come se avesse ucciso tutti gli esseri umani”.

L’Islam è una religione di pace, come indicato nel Sacro Corano: “Oh voi che credete, entrate tutti nella pace”.

Nell’Islam, il Jihad è soggetto a condizioni rigorose, compreso il fatto che esso non è concepibile se non per necessità di auto-difesa, e non per commettere un omicidio o un’aggressione, poiché attentare alla vita in nome del Jihad è un atto illegale.

Tra le condizioni della sua validità, vi è anche il fatto che la chiamata al Jihad è compito della “Commanderie des Croyants” e non può provenire da nessun individuo né gruppo.

Coloro che incitano all’omicidio e all’aggressione, che indebitamente escludono le persone e che fanno del Corano e della Sunna una lettura conforme ai loro interessi, non fanno che diffondere delle menzogne in nome di Dio e del Profeta.

È questa la vera miscredenza, come dimostra la parola di Dio che dice: “Chi è più ingiusto di colui che mente su Dio e di colui che nega la Verità, quando essa li raggiunge? Non vi è forse nella Geenna un posto riservato ai miscredenti?”, e lo conferma l’Hadith del Nostro Antenato, il Profeta, preghiera e salvezza su di lui: “Colui che mente deliberatamente su di me, si prepari ad occupare il suo posto nell’Inferno”.

Inoltre, essi strumentalizzano alcuni giovani musulmani, in particolare in Europa, e sfruttano la loro ignoranza della lingua araba e del vero Islam per trasmettere i loro messaggi errati e le loro promesse traviate.

La ragione ammette forse che il Jihad venga premiato dalla possibilità di godere di un certo numero di huri? Il buon senso ammette forse che chi ascolta la musica sia destinato a essere inghiottito nelle viscere della Terra, e molte altre mistificazioni?

I terroristi e i radicali compiono di tutto per portare i giovani a unirsi a loro e a combattere le società imbevute dei valori di libertà, apertura e tolleranza.

Inoltre, molti gruppi e organismi islamici ritengono di disporre di un sistema di riferimento tratto dalla religione e di rappresentare, perciò, il vero Islam, il che significa che non è così per gli altri. Ma in realtà essi sono ben lontani dall’Islam e dai suoi valori di tolleranza.

Questo atteggiamento favorisce la diffusione dell’ideologia estremista, di esclusione e  terroristica. Poiché gli apologeti del terrorismo pensano che sia la strada che conduce al’Islam autentico.

Inoltre, sta a questi misurare la parte di responsabilità che spetta loro nei crimini e nelle tragedie umane che sono causati in nome dell’Islam.

Siamo tutti interessati. Chiunque pensa o crede in quello che dico è un potenziale bersaglio per il terrorismo, che ha già colpito il Marocco, poi l’Europa e diverse regioni del mondo.

Di fronte alla proliferazione degli oscurantismi diffusisi in nome della religione, tutti, musulmani, cristiani ed ebrei, devono erigere un fronte comune per contrastare il fanatismo, l’odio e il ripiegamento su se stessi sotto tutte le forme.

La Storia dell’umanità è la prova migliore del fatto che il progresso non può realizzarsi in qualsiasi società afflitta dall’estremismo e dall’odio, che insieme costituiscono il principale fattore di insicurezza e instabilità.

Inoltre, la civiltà umana è ricca di modelli di successo che confermano che l’interazione e la coesistenza interreligiosa generano società civilizzate aperte, dove regnano affetto e concordia, benessere e prosperità.

Lo testimoniano le civiltà islamiche, in particolare quelle di Baghdad e di Al-Andalous, che sono state tra le civiltà umane più avanzate e più aperte.

Caro popolo,

Le risposte nazionali fornite dal Marocco su molte questioni complesse, regionali e internazionali, come lo sviluppo, le migrazioni e la lotta al terrorismo, sono in linea con il suo fermo impegno al servizio dei popoli dell’Africa.

Ciò non è sorprendente dal momento che il Marocco è sempre stato in prima linea tra i sostenitori dell’emancipazione del nostro continente. In questo, camminiamo sulle orme dei Nostri Antenati che, precursori nell’avere fede nell’Africa, hanno lavorato sinceramente per l’unità, per l’apertura e per il progresso dei suoi popoli. In tale occasione il nostro pensiero pieno di raccoglimento e di deferenza va alla memoria immacolata degli eroi della gloriosa Rivoluzione del Re e del Popolo, i Nostri Nonno e Padre venerati, Sua Maestà il Re Mohammed V e Sua Maestà il Re Hassan II, che Dio benedica le loro tombe, e la memoria di tutti i valorosi martiri della Patria.

Wassalamou alaikoum warahmatoullahi wabarakatouh”.