MAROCCO NEWS

5° Summit UA-UE

1 dicembre 2017

Abidjan, 29/11/2017 – SM il Re Mohammed VI ha inviato, mercoledì, un messaggio al 5° Summit dell’Unione Africana – Unione Europea ad Abidjan, in qualità di Leader dell’Unione Africana, sulla Questione della Migrazione.

Di seguito il testo integrale del messaggio reale:

Traduzione non ufficiale

“Lode a Dio.

Pace e salvezza sul Profeta, la Sua Famiglia e i Suoi compagni.

Signor Alassane Dramane Ouattara, Presidente della Repubblica della Costa d’Avorio,

Cara Sorella e Cari Fratelli, Capi di Stato e di Governo dell’Unione Africana,

Eccellenza, Capi di Stato e di Governo dei Paesi membri dell’Unione Europea,

Signori Moussa Faki Mahamat e Jean-Claude Juncker, Presidenti della Commissione dell’Unione Africana, e della Commissione europea,

Eccellenze, Signore e Signori,

Vorrei, prima di tutto, esprimere il mio sincero ringraziamento al nostro Augusto Ospite, il Presidente fratello Alassane Ouattara, e, attraverso di lui, al popolo ivoriano, per la calorosa ospitalità di cui ci circondano dal nostro arrivo in questo Paese così caro al mio cuore; questo Paese che visito, in ogni occasione, con rinnovato piacere

Il Regno del Marocco si rallegra di tale incontro tra il suo continente di Appartenenza – l’Africa – e il suo continente di vicinato e Partenariato – l’Europa.

Conferma, con soddisfazione, la sua vocazione a costituirne il legame naturale e pienamente assunto.

Signor Presidente, Eccellenze, Signore e Signori,

A diciassette anni dalla sua comparsa, il Partenariato tra Africa ed Europa non ha perso alcuna pertinenza. E, ormai, non è più tempo di fare diagnosi, né polemiche né della retroguardia. È tempo di agire.

È essenziale che il dialogo coraggioso e responsabile tra gli ex Paesi colonizzatori e gli ex Paesi colonizzati resti franco e diretto. Ed è essenziale, oggi, dargli un nuovo slancio.

L’Unione europea e l’Unione africana sono due raggruppamenti regionali essenziali. Sono così importanti l’uno per l’altro e così importanti sia l’uno che l’altro. Uguali dinanzi le sfide, lo sono altrettanto dinanzi le opportunità e responsabilità.

La solidarietà tra Europa e Africa non è né un concetto vuoto né un legame basato su una filantropia univoca; essa rientra in una responsabilità e una dipendenza reciproche. La logica di assistenzialismo verticale può ora cedere il passo ad un vero partenariato trasversale.

In questo spirito, il Partenariato UE-Africa deve evolvere verso un Patto bi-continentale nuovo. Per l’Africa e l’Europa si tratta di affrontare, di concerto, le inevitabili sfide, con una competitività condivisa, una co-localizzazione delle imprese produttive, una mobilità umana regolamentata e scambi culturali proficui.

Parallelamente, la condizionalità del debito deve essere rivista: i Paesi occidentali attendono, infatti, che alcuni Paesi africani – indipendenti da meno di mezzo secolo – abbiano performance politiche e economiche tanto positive quanto importanti come le loro, e impongono loro condizioni che è impossibile rispettare.

Questa aberrazione è ancora più acuta, in quanto questi stessi Paesi europei hanno talvolta essi stessi grandi difficoltà finanziarie e politiche.

Signor Presidente, Eccellenze, Signore e Signori,

Le relazioni tra Africa e Europa sono sempre state caratterizzate da spostamenti umani e flussi migratori. Decine di migliaia di migranti africani cercano ogni giorno di raggiungere l’Europa, rischiando spesso la vita.

Il 21° secolo sarà quello delle grandi mescolanze. Questa constatazione di buon senso vieta di dare qualsiasi svolta ideologica, passionale, o persino xenofoba ai discorsi sulla migrazione.

Alcuni Paesi, a causa della loro posizione geografica, sono portati ad essere una terra d’immigrazione. Così, il Marocco lo è stato fin dalla sua origine, e dalla sua indipendenza, in modo costante, si sono succedute diverse ondate migratorie: i nostri partner europei e maghrebini lo sanno senza dubbio.

La nozione di frontiere, in Africa, è nata dopo le indipendenze. Durante il periodo post-coloniale, la gestione della questione migratoria è stata coronata solo da un timido successo ed è stata costantemente affrontata non come una fonte di soluzioni e opportunità, ma come portatrice di minacce e di disperazione.

C’è stato un tempo in cui l’immigrazione era legata agli spostamenti commerciali, ai pellegrinaggi religiosi o era imposta dai conflitti e dalle pandemie.

Nella nostra storia contemporanea, essa ha assunto una connotazione negativa, dal momento che è associata alla droga e ad altri traffici, persino ai misfatti dei cambiamenti climatici.

In breve, nella nostra epoca, nell’immaginario collettivo, l’immigrazione è associata ai flagelli della povertà, della precarietà, dell’instabilità e persino della morte.

Così la Libia, nuova terra di passaggio terra tra l’Africa e l’Europa, è diventata il corridoio di tutti i mali e cristallizza tutte le disgrazie.

Siamo rimasti indignati dalle atroci pratiche riportate dai media e subite dai migranti nel nostro vicinato. Si tratta di una vera negazione dell’Umanità.

Queste azioni, condotte da milizie armate che sfuggono al controllo del governo libico, esortano ad un esame di coscienza collettivo di coloro che sono complici e responsabili di questa tratta incompatibile con i diritti fondamentali dell’uomo. Tali pratiche sono contrarie ai valori e alle tradizioni del popolo libico fratello.

Poco capaci o poco desiderosi di cogliere le cause profonde del fenomeno migratorio, lo si congela e generalizza nelle rappresentazioni stereotipate: attraverso immagini di ondate di persone senza lavoro e senza risorse, a volte dai profili discutibili.

Si sarebbe tentati di biasimare le popolazioni europee che affrontano un afflusso così massiccio e lo avvertono come una minaccia. Purtroppo questa paura non è sempre infondata, non neghiamo l’evidenza.

I nostri raggruppamenti regionali avrebbero potuto essere più efficaci di fronte a questa situazione. E possiamo pensare, a giusto titolo, che, se l’UMA fosse realmente esistita, saremmo più forti dinanzi a tale sfida.

Sfortunatamente, l’UMA non esiste! E i flussi migratori, legati ai conflitti regionali, sono spesso preda di reti di traffico diverse, che vanno dagli stupefacenti alle filiere terroristiche. Il mio Paese, il Marocco, ne paga da molto tempo le spese, ancora oggi.

Lo ripetiamo: è giunto il tempo di agire. Possiamo trovare soluzioni efficaci o siamo condannati a rimanere in una logica di sfiducia? Lo affermo fortemente: possiamo agire. Ma non possiamo fare tutto, e soprattutto non possiamo farlo da soli: la politica europea in questo settore dovrebbe evolvere.

Non è accettabile che, sia sui banchi di prestigiose scuole che nelle aziende del continente, i migliori talenti africani siano oggetto delle brame europee, a dispetto dell’investimento del loro Paese d’origine in termini di formazione; l’emorragia di cervelli che ne segue è deplorevole.

Essendo stato un Paese di emigrazione, transito e immigrazione, il Marocco ha sviluppato un approccio introspettivo alla questione migratoria, che esso concepisce in modo inclusivo e positivo.

Se misuriamo le sfide che pone l’immigrazione, non ne ignoriamo tuttavia gli aspetti positivi. Le illustrazioni sono numerose:

Come i loro fratelli marocchini, i migranti africani hanno contribuito notevolmente alla ricostruzione dell’Europa del dopoguerra; e dei Paesi africani si sentono legittimamente lesi.

All’inizio degli anni ’70, i giovani marocchini si recavano, con spirito conviviale, in Europa per le vendemmie o per aiutare nei campi. Al giorno d’oggi, questi movimenti sono una chimera!

Da una decina d’anni, degli europei si stabiliscono in Marocco, portando il loro know-how, creando PMI locali e posti di lavoro.

Oggi è necessaria una nuova visione: si tratta di rendere l’immigrazione un argomento di dibattito pacato e di scambio costruttivo.

Nel Nord come nel Sud, tutti noi ne trarremo beneficio. E se questa concezione è, per il momento, ancora molto fragile, siamo pur certi che un giorno, insieme, ci riusciremo!

Come Leader dell’Unione Africana sulla Questione della Migrazione, ho a cuore di sottoporre, al prossimo Summit dell’UA, delle proposte ai Miei fratelli e Sorelle Capi di Stato, per sviluppare una vera e propria Agenda africana sulla Migrazione.

Ho posto le prime basi di questa Agenda nel mese di luglio 2017, attraverso la nota preliminare che è stata presentata al Presidente fratello Alpha Condé, durante il 29° Vertice dei Capi di Stato e di Governo dell’Unione Africana.

Questa agenda, di portata piena e completa, detta di parlare con una sola e stessa voce africana e secondo il nostro piano di lavoro. Oggi che il movimento migratorio è senza precedenti, esso si impone imperiosamente e si declina in quattro livelli di azione: nazionale, regionale, continentale e internazionale.

A questo proposito, è necessario correggere quattro miti infondati:

La migrazione africana non è, prevalentemente, intercontinentale. Essa è in primis intra-africana: su 5 Africani che si spostano, 4 rimangono in Africa;

La migrazione irregolare non è maggioritaria, essa rappresenta solo il 20% delle migrazioni internazionali;

La migrazione non impoverisce i Paesi ospitanti: l’85% dei guadagni dei migranti rimane nei Paesi ospitanti;

E infine, ricordo che non c’è più alcuna distinzione tra Paesi di emigrazione, transito e insediamento.

Come parte di questa agenda, in conformità con i loro impegni internazionali e lungi dalle vergognose e inumane pratiche ereditate da un’epoca passata, i Paesi africani si assumerebbero le proprie responsabilità nel garantire i diritti e la dignità dei migranti africani sul loro territorio.

Signor Presidente, Eccellenze, Signore e Signori,

Non vorrei concludere le mie osservazioni senza nutrire la speranza che la nostra Partnership guadagni in maturità e si diversifichi.

Crediamo con fiducia che il Vertice di Abidjan darà al partenariato afro-europeo un’inflessione decisiva e uno slancio qualitativo al servizio della stabilità, della sicurezza e della prosperità dei due continenti.

In breve, sta a noi comporre un’agenda positiva, per disegnare un futuro migliore.

Wassalamou alaikoum warahmatoullahi wabarakatouh».

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